sabato 7 dicembre 2013

Le soddisfazioni di una associazione di donne












Dobbiamo proprio rendervi partecipi che ultimamente il cacomela ha avuto due grandi soddisfazioni:
due uomini che ci hanno conosciute e, anche grazie a noi, hanno iniziato un percorso di consapevolezza sul loro essere uomini, cosa significa, come si vedono e come sono visti.
Uno è Alessandro di Modena, che viene spesso a trovarci, che domenica 24 novembre 2013 ha debuttato a Modena insieme ad altri attori e attrici non professioniste/i, nello spettacolo di teatro forum “Storie di ordinaria discriminazione”, tratto dal libro Uomini che odiano (barrato) amano le donne, di Monica Lanfranco. Beh, a parte che lo spettacolo è stato molto bello, ha fatto un bel discorso di introduzione, nominando noi e il nostro ballo Break the chain, di febbraio 2012, One Billion Rising, in piazza a Guiglia.
Ecco, allora vorrei dirvi che è valsa la pena farlo per tanti motivi, prima di tutto creare il nostro gruppo di donne, ma non di meno per lui, per quello che ha scatenato in lui.
Ecco il testo della sua introduzione, ce lo ha mandato:

"In questo percorso di consapevolezza e svelamento degli stereotipi di genere sono stato accompagnato da diverse splendide persone, alcune di loro saranno sul palco altre le scorgo tra il pubblico. Donne e uomini che hanno risposto con curiosità e senza pregiudizi all'idea strampalata di un signor nessuno. Un personaggio che, con ineffabile presunzione, ha pensato di poter dare un contributo, ancorché piccolo, all'evoluzione della nostra cultura. Cultura piena di contraddizioni, in cui donne e uomini si trovano a vivere tra situazione di fortissima discriminazione di genere e altre di avanzata emancipazione dagli stereotipi e dai ruoli tradizionali.

Se posso abusare della vostra pazienza rubandovi ancora un minuto, vorrei aggiungere una piccola nota biografica che spero possa spiegare come un uomo come tanti, un bel giorno,  finisca per considerarsi “femminista”.

Il processo che mi ha portato ad esse qui, questa sera, è iniziato in una data e un luogo preciso: il 9 Marzo 2013 in piazza Belvedere a Giuglia. In quel contesto meraviglioso in una mattina di primavera un gruppo di “splendide creature” ballava Break the Chain. In quel momento, nel momento in cui ho alzato il mio dito al termine del ballo e della canzone, mi sono reso conto di aver preso un impegno preciso e, nello stesso tempo, di aver acquisito un nuovo modo di vedere il mondo e di sognarlo. Il sogno di una comunità di persone libere di essere e realizzare se stesse oltre ogni forma di discriminazione."

      Alessandro




E poi Pierre di Pavullo, che è venuto 3 volte su da noi, tra cui le due ultime volte in occasione dei seminari di Monica Lanfranco, che ci ha scritto questa mail, bellissima!!
Quindi niente, vorrei dirvi grazie per quello che stiamo facendo, perché nel nostro piccolo un cambiamento lo stiamo portando.
Continuiamo così, donne!

"Cara Monica e care del cacomela,
sono il maschio che (unico) era presente al seminario di una settimana fa al Cacomela
. Innanzitutto devo ringraziare Te e le amiche del Cacomela, perché è stata una giornata memorabile sotto ogni profilo. Non solo per l'interesse culturale degli argomenti trattati, ma anche perché per me si è trattato di un'esperienza antropologica unica: nel senso che non mi era finora mai capitato di partecipare a un consesso (quasi) del tutto femminile.
Di tantissimi convegni di ogni specie a cui da tempo ho preso parte, non ne ricordo nessuno con una partecipazione così appassionata ed equilibrata insieme, senza prevaricazioni, senza impeto di prevalere dialetticamente, con un grande rispetto e una reale capacità d'ascolto. Si aveva l'impressione che il dibattito sarebbe potuto proseguire senza interruzione altri due giorni almeno e tuttavia non s'è avuto mai intasamento di interventi, né pause di silenzio intimidito, né imbarazzi d'alcun genere. La mia presenza non ha destato la minima ostilità e neppure un atteggiamento di privilegio, ciò che testimonia ancora una volta ottimo equilibrio e che non si sarebbe mai potuto verificare a parti invertite (una donna sola tra tanti uomini). Inoltre, mi sono convinto che il comportamento femminile sia migliore in assenza di maschi, che con tutta evidenza inquinano inevitabilmente gli ambienti sociali con uno spirito competitivo e aggressivo.
Quanto precede e quanto ho sperimentato di persona mi confermano nella mia inveterata idea che il mondo avrebbe bisogno non di una semplice parità di genere, ma di un vero e proprio matriarcato
(il quale d'altronde si potrebbe definire con termini più appropriati).
Sono rimasto impressionato nei giorni successivi dalle reazioni dei compagni di sesso maschile, quando comunicavo di esser stato in quello che una volta veniva chiamato collettivo femminista (usavo di proposito un termine di particolare impatto emotivo). Invece di una reazione di curiosità ho sempre trovato una reazione di chiusura a priori. Ultimo caso, a un incontro sulla non-violenza il relatore, anarchico come me, mi ha detto di non capire per esempio le pretese femministe sul piano grammaticale, al che ho replicato che al primo incontro sono stato io a sollevare la questione, che a quest'ultimo la faccenda è stata trattata molto en passant e infine che comunque nella comunità agricola libertaria di Urupia in Puglia (http://urupia.wordpress.com/) i fondatori hanno deciso che nelle situazioni miste si parlasse al femminile, pertanto essi si fanno chiamare comunarde.
Alle volte ho l'impressione che le riunioni femminili siano immaginate dal sesso maschile, sinistra radicale compresa, un po' come ritrovi di pericolose baccanti o di crudeli Erinni, da cui sarebbe prudente tenersi alla larga!
Perché mai, mi chiedo (retoricamente), se sostengo una campagna contro la fame nel mondo, pur non essendo fin troppo visibilmente toccato di persona dal problema, la cosa non desta stupore, o se difendo i diritti degli ultimi e dei diseredati, pur provenendo da benestante famiglia alto-borghese, queso appare del tutto naturale, mentre se mi professo femminista ciò dà sempre un effetto di spiazzamento e di incomprensione? Evidentemente, quest'ultimo aspetto coinvolge ontologicamente il gruppo dominante più d'ogni altro...
Colgo l'occasione per aggiungere un paio di considerazioni per le quali non c'è stato tempo o occasione durante il seminario. Le favole non sono tanto innocue e neutrali come possono apparire; sono la mitologia del mondo infantile e la mitologia è proprio il terreno in cui s'è giocata non secondariamente la partita del patriarcato. Pandora ed Eva condividono in culture molto diverse l'attribuzione dell'origine dei guai dell'umanità; la dea preferita del pantheon attico era Atena, partorita dalla coscia del padre; il perdono dei matricidi Oreste ed Elettra sancisce la maggior gravità dell'uccisione del marito da parte di Clitemnestra, mentre il sacrificio della figlia Ifigenia (salvata dagli dèi e chiamata nell'Olimpo!) per mano di Agamennone era giustificato dalla ragion di stato... Insomma, se cominciamo a eliminare le principesse, i cavalieri e i draghi dalle narrazioni favolistiche, non mi sembra una gran perdita: tra l'altro il drago-serpente immancabilmente trafitto e ucciso è simbolo della potenza tellurico-matriarcale.
Una delle trattazioni che hanno segnato il mio percorso culturale, è senz'altro quella dell'antropologo francese René Girard riguardo il capro espiatorio e il sacrificio, il quale ultimo ha storicamente colpito assai spesso le donne. Il sacrificio, anche secondo lui, si è protratto in tantissime forme oltre l'esecuzione fisica e sanguinosa (che comunque non è cessata, data la frequenza dei femminicidi). Le donne, insomma, hanno pagato sempre in prima persona per la pacificazione collettiva, sicché si potrebbe con fondamento ritenere che siano state e tuttora siano doppiamente indispensabili alla sopravvivenza dell'umanità e della civiltà: per la funzione biologica del parto e per quella di amortizzatore dei conflitti incipienti. La vera uscita dalla preistoria, per usare una metafora di Edgar Morin, avverrà con il superamento delle violenze intestine, che va di pari passo con la cessazione dei sosprusi di genere. La decrescita, a mio giudizio strada maestra per superare il capitalismo consumistico con le sue esiziali conseguenze, per ammissione del suo principale teorizzatore Serge Latouche, o sarà femminile o non sarà.





Ti saluto con gratitudine per la messe di informazioni, considerazioni e riflessioni che ci hai donato nella giornata trascorsa insieme e spero di avere in futuro altre opportunità per incontrarTi.
Con affetto, Pierre 
(anarco-comunista, eco-femminista, pacifista)"






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